Grazie allo sviluppo di nuovi concetti chirurgici ed all’evoluzione tecnologica la protesi d’anca non è più l’unica soluzione.
Oggi una valida alternativa è l’artroplastica di rivestimento.
Questo intervento consiste nel rivestimento con due sottilissime cupole metalliche della superficie articolare del bacino e della testa del femore, sostituendo così la sola cartilagine usurata. Questo procedimento chirurgico permette la conservazione sia della testa che del collo del femore, che vengono invece asportati completamente nell’intervento di protesi d’anca. Inoltre con l’artroplastica di rivestimento il consumo, che è la principale causa di fallimento delle protesi, è minimo, elemento questo molto importante ai fini della durata nel tempo. Soprattutto nei pazienti attivi i risultati dell’artroplastica di rivestimento sono superiori rispetto alla protesi d’anca relativamente all’abolizione del dolore, al recupero della funzione ed alla durata. I pazienti ritornano più precocemente ad una vita normale ed è possibile eseguire con soddisfazione attività sportive, anche agonistiche. La lussazione e la differenza di lunghezza delle gambe non si verificano.
L’artroplastica di rivestimento ha inoltre il vantaggio che, in caso di un reintervento, il paziente si troverebbe in una situazione analoga a quella di un paziente che affronta un primo intervento di protesi d’anca. L’artroplastica di rivestimento è particolarmente indicata nei giovani, ma può essere utilizzata in qualsiasi paziente, a patto che l’osso sia in buono stato e la testa del femore sufficientemente conservata.
Il Prof. Moroni ha superato quota 6.000 interventi di rivestimento MOM eseguiti.
A distanza di 20 anni dall’intervento il 98% degli uomini e il 95% delle donne stanno ancora perfettamente bene.
Patologie dell’anca
ARTROSI
Prima
Dopo
NECROSI
Prima
Dopo
ARTROSI POST-TRAUMATICA IN ESITO FRATTURA DI ACETABOLO
Prima
20 anni dopo rivestimento
ARTROSI POST-TRAUMATICA IN ESITO FRATTURA DEL COLLO DEL FEMORE
Prima
Dopo
PAZIENTE OPERATA ALL’ANCA SINISTRA 20 ANNI FA
Prima e 20 anni dopo rivestimento bilaterale
Attività del Professore
Sono tutti uguali i rivestimenti metallo/metallo? No! Solo quelli originali sono sicuri
Il Prof. Moroni attualmente utilizza solo tre impianti di rivestimento:
-la BHR, della Smith and Nephew,
-l’Adept prodotta dal MatOrtho
– Icon prodotta da AdlerOrtho
L’artroplastica di rivestimento dell’anca metallo/metallo è stato sviluppato negli anni 90 in Inghilterra a Birmingham dal Dottor Derek McMinn che, dopo svariati anni di studio e di ricerca, ha introdotto nella pratica clinica la BHR. Qualche anno dopo il lancio è stato prodotto un impianto di rivestimento assai simile, sviluppato dagli stessi ingegneri, e cioè l’Adept. Questi impianti hanno design analogo, stessa tecnologia di costruzione, clearance, rifinitura superficiale ed entrambi garantiscono delle prestazioni ottimali in vivo con un’usura bassissima, a patto che l’intervento sia eseguito bene.
L’usura degli impianti di artroplastica di rivestimento è così bassa che, a differenza di quello che si verifica per le protesi tradizionali, è possibile riprendere a svolgere attività pesanti e sportive di qualsiasi tipo senza che questo possa mettere a rischio la durata dell’intervento.
Visto il successo della BHR alla fine degli anni 90 e nei primi anni 2000, diverse ditte ortopediche sia negli Stati Uniti d’America che in Europa hanno copiato in maniera più o meno fedele il design della BHR ed hanno prodotto i loro impianti di artroplatica di rivestimento. Purtroppo, a causa della mancanza delle conoscenze relative alle caratteristiche costruttive, ai biomateriali ed alla tribologia degli impianti originali, l’utilizzo di queste copie ha determinato risultati talora negativi, con elevate percentuali di re-interventi causati dell’usura dell’impianto, che avviene più velocemente rispetto agli impianti originali, e una conseguente metallosi dovuta ad un’eccessiva produzione di ioni metallici.
Un esempio clamoroso noto in tutto il mondo è quello della ASR. Si tratta di un impianto utilizzato sia per interventi di rivestimento che per protesi tradizionali che ha dato risultati particolarmente negativi fino a costringere la casa produttrice, la De Puy J&J, a ritirarlo dal mercato.
Con gli impianti originali che sono in uso da oltre 20 anni si ottengono ottimi risultati. L’analisi dei vari registri internazionali delle protesi d’anca, come ad esempio il registro australiano e quello inglese britannico, e l’analisi del registro delle protesti del rivestimento che comprende una casistica di più di 12.000 interventi di rivestimento e l’analisi del registro del McMinn Centre evidenziano come nei pazienti i risultati a distanza di vent’anni dall’intervento siano positivi, in una percentuale superiore al 98% nei maschi e nel 95% nelle donne. Questi risultati sono confermati anche dalla casistica del Prof. Moroni, che conta più di 6.000 interventi di rivestimento, eseguiti dal 2001 ad oggi. La stragrande maggioranza di questi pazienti conduce una vita normale, talora praticando sport anche usuranti e ad impatto come: la maratona, il calcio, lo sci, le arti marziali, il tennis e l’equitazione. Questi risultati non sono ottenibili con le protesi tradizionali che, oltre ad essere assai più invasive, contemplano la resezione della testa del femore e non riescono a riprodurre una corretta anatomia dell’anca.
Per avere un buon risultato è comunque indispensabile rivolgersi a chirurghi esperti. Il rivestimento dell’anca è infatti una tecnica chirurgica piuttosto ostica, difficile da apprendere e che richiede un’elevata precisione chirurgica. Sono pochi al mondo i chirurghi in grado di eseguirla con riproducibilità e sicurezza, elementi questi che sono essenziali ai fini del risultato. È fondamentale pertanto che il chirurgo sia superspecializzato in questa tecnica chirurgica ed esegua ogni anno centinaia di questi interventi. Un altro grande vantaggio della chirurgia di rivestimento è la maggior durata della vita rispetto a pazienti operati con protesi standard. Il registro australiano e il registro inglese gallese confermano infatti un famoso studio epidemiologico eseguito presso l’università di Cambridge, secondo il quale a 10 anni dall’intervento sono di più i pazienti vivi dopo un intervento di rivestimento, rispetto a pazienti con analoghe caratteristiche epidemiologiche precedentemente operati con una protesti tradizionale. La ragione di questo risultato non è al momento ancora stata evidenziata con certezza. Si pensa la causa sia la migliore qualità di vita che i pazienti operati con la chirurgia di rivestimento possono svolgere rispetto ai pazienti operati con protesi tradizionali.
Approfondimenti video del Prof. Moroni
Artroplastica di rivestimento dell’anca MOP
Il rivestimento metallo/metallo non può essere utilizzato in tutti i pazienti che presentano caratteristiche epidemiologiche e anatomo patologiche tali da consentire di essere trattati con la chirurgia di rivestimento. Ad esempio la tribologia metallo/metallo non può essere utilizzata in pazienti con allergie nei confronti del nichel, del cromo e del cobalto o nei pazienti con insufficienza renale. Inoltre il rivestimento metallo /metallo non si può utilizzare nelle pazienti in età fertile, perché in caso di una gravidanza il feto sarebbe esposto al sia pur lieve iniziale incremento ematico degli ioni metallici. Infine non si può utilizzare nei pazienti con diametro della testa del femore inferiore a 46 millimetri, perché non esistono impianti di rivestimento metallo/metallo con diametro inferiore a 46 millimetri.
Per consentire l’utilizzo del rivestimento anche in questi casi è necessario utilizzare altre tribologie. Alcuni ricercatori si sono indirizzati verso il rivestimento con tribologia ceramica/ceramica. Soluzione della quale si parla da più di 10 anni ma che non esiste e non è disponibile. Questa soluzione presenta vari svantaggi. Inoltre, per quanto molto più resistente rispetto al passato, non si può trascurare il potenziale rischio di rottura, soprattutto nei pazienti che riprendano l’attività sportiva ad impatto. Inoltre non è da trascurare, come si verifica spesso nella chirurgia protesica tradizionale, il rischio di rumori articolari, un significativo difetto della tribologia ceramica/ceramica. Infine, un altro elemento critico è l’elevata rigidità della ceramica che è molto superiore a quella del metallo e che potrebbe portare nel tempo ad una eccessiva rarefazione dell’osso periprotesico.
Un approccio tribologico che ci sembra più sicuro è l’utilizzo di una componente acetabolare in titanio con un inserto in polietilene ad elevato peso molecolare accoppiato con una componente femorale nitrurata. L’impianto di rivestimento denominato MOP da noi sviluppato è caratterizzato da ideali caratteristiche biomeccaniche e non rilascia ioni metallici. Il polietilene oggi disponibile presenta una resistenza all’usura molto superiore al passato, ha ottimali caratteristiche di trasmissione del carico e non consente alcun rumore articolare. Questo impianto può essere utilizzato in tutti i casi nei quali il metallo/metallo non possa essere utilizzato e rappresenta una valida alternativa anche per i pazienti che, nonostante gli ottimi risultati del metallo/metallo, abbiano comunque delle perplessità al riguardo. Le componenti protesiche del rivestimento MOP sono custom made e vengono realizzate dopo un accurato studio della TAC della pelvi di ogni singolo paziente, consentendo quindi una massima precisione. Gli impianti vengono prodotti singolarmente per ogni paziente con la stampante 3D utilizzando quindi la più avanzata tecnologia oggi disponibile.
Sono passati 4 anni dall’impianto della prima protesi di Rivestimento MOP.
La tribologia metallo/ polietilene permette il suo utilizzo in tutti quei pazienti che, per molteplici condizioni, non potevano utilizzare l’accoppiamento tradizionale metallo/metallo.
I risultati clinici delle MOP (metallo/polietilene) in termini radiografici, di soddisfazione del paziente, e del recupero funzionale sono interamente sovrapponibili a quelli ottenuti con l’impianto di Rivestimento tradizionale metallo/metallo (MOM).